lunedì 4 aprile 2011

Civiltà Cattolica sugli hacker

"Ormai è convinzione comune che gli hacker siano sabotatori, se non veri e propri criminali informatici. Parlare di etica hacker può allora suonare persino ironico". In un articolo dal titolo "Etica hacker e visione cristiana" che appare sul nuovo fascicolo della "Civiltà Cattolica", l'autorevole rivista quindicinale della Compagnia di Gesù, si cerca di fare chiarezza sulla storia degli hacker, la loro vera identità e la loro 'filosofia'.

Così padre Antonio Spadaro, critico letterario e specialista di nuove tecnologie informatiche per conto della redazione del periodico gesuita, le cui bozze vengono riviste dalla Segreteria di Stato della Santa Sede, distingue gli hacker chiaramente dai cracker, operatori di illegalità. Indagando i modelli di vita e di ricerca intellettuale hacker, fondati sulla creatività e la condivisione, padre Spadaro ne discute la compatibilità con una visione cristiana della vita.

"Senza paragonare indebitamente comunità hacker e comunità cristiana - sostiene padre Spadaro - i cristiani e gli hacker oggi, in un mondo votato alla logica del profitto, hanno comunque molto da darsi, come dimostra del resto anche l'esperienza degli hacker che fanno della loro fede un impulso del loro lavoro creativo".

Il termine hacker, ricorda il gesuita Spadaro, è ormai entrato nel vocabolario comune grazie al fatto che giornali e televisioni, ma anche film e romanzi, lo hanno diffuso ampiamente
riferendolo a un'ampia serie di fenomeni quale violazione di segreti, di codici e password, di sistemi informatici protetti e così via.

Nel caso di Wikileaks si è addirittura parlato di "hacker all'attacco del mondo", identificando in Julian Paul Assange, il suo fondatore, l'"hacker incendiario del web". In generale, dunque, si legge nell'articolo della "Civiltà Cattolica" si è imposto "il luogo comune per cui il termine hacker viene associato a persone molto esperte nel riuscire a entrare in siti protetti e a sabotarli o, addirittura, a veri e propri criminali informatici".
Parlare di etica hacker "può allora suonare persino ironico".

Perché allora se ne occupa la seriosissima rivista della Compagnia di Gesù? Sebbene ormai i media abbiamo imposto questa immagine degli hacker, in realtà i cosiddetti "pirati informatici" hanno un altro nome: cracker. Il termine hacker invece di per sé individua una figura molto più complessa e costruttiva, argomenta padre Spadaro.

"Gli hackers costruiscono le cose, i crackers le rompono (hackers build things, crackers break them)", afferma una delle citazioni riportate nell'articolo della "Civiltà Cattolica". Hacker dunque è colui, spiega la rivista dei Gesuiti, che "si impegna ad affrontare sfide intellettuali per aggirare o superare creativamente le limitazioni che gli vengono imposte nei propri ambiti d'interesse".

Per lo più il termine hacker si riferisce a esperti di informatica, ma di per sé, sostiene padre Spadaro "può essere esteso a persone che vivono in maniera creativa molti altri aspetti della loro vita".

"Quella hacker è, insomma, una sorta di 'filosofia' di vita, di atteggiamento esistenziale, giocoso e impegnato, che spinge alla creatività e alla condivisione, opponendosi ai modelli di controllo, competizione e proprietà privata. Intuiamo dunque come parlando in modo proprio degli hacker - aggiunge il gesuita - siamo di fronte non a problemi di ordine penale, ma a una visione del lavoro umano, della conoscenza e della vita. Essa pone interrogativi e sfide quanto mai attuali".

Non è difficile, pertanto, sostiene l'articolo della "Civiltà Cattolica", riconoscere l'intuizione di una "vita beata" nel codice genetico della visione hacker della vita, l'intuizione che l'essere umano è chiamato a "un'altra vita, a una realizzazione piena e compiuta della propria umanità".

Scrive sempre padre Spadaro: "Ovviamente l'hacker non è l'uomo dell'ozio e del dolce far niente. Al contrario è molto attivo, persegue le proprie passioni e vive di uno sforzo creativo e di una conoscenza che non ha mai fine. Tuttavia sa che la sua umanità non si realizza in un tempo organizzato rigidamente, ma nel ritmo flessibile di una creatività che deve diventare la misura di un lavoro veramente umano, quello che meglio corrisponde alla natura dell'uomo. Tom Pittman più volte si è espresso sull'illogicità dell'ateismo e si è professato cristiano, ma anche altre esperienze dimostrano che tra fede ed etica hacker si possono creare sintonie".

"Ad esempio - aggiunge - il linguaggio di programmazione Perl, creato nel 1987 dall'hacker Larry Wall, cristiano evangelico, è sì l'acronimo di Practical Extraction and Report Language ma in origine si chiamava Pearl e deve il suo nome alla 'perla di gran valore' trovata la quale un mercante vende tutto pur di comprarla, come racconta il Vangelo di Matteo". Conclude padre Spadaro: "Una tale etica hacker può acquistare persino risonanze profetiche per il mondo d'oggi votato alla logica del profitto, per ricordare che il cuore umano anela a un mondo in cui regni l'amore, dove i doni siano condivisi".

http://www.repubblica.it/tecnologia/2011/04/03/news/civilt_cattolica_rivaluta_gli_hacker_hanno_fede_positiva_nell_informatica-14454606/

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