giovedì 31 marzo 2011

Maria - Il Roveto Ardente

L'icona detta "Roveto ardente" deve il suo nome all'esperienza di Mosè descritta in Es 3, 1-12.
Il Roveto Ardente è prefigurazione della Nascita di Gesù e quindi è anche uno dei nomi della Madre di Dio, ed è anche la Gloria di Dio fatta Luce preannunciatrice della Trasfigurazione di Gesù.
L'Icona è rappresentata solitamente dal cespuglio stilizzato riassunto da due rombi sovrapposti, il primo rosso rappresentante il fuoco (divinità), il secondo verde rappresentate il cespuglio (umanità), in modo da formare una stella ad otto punte (noto simbolo mariano). Maria è dipinta al centro della stella. Nei quattro angoli del rombo verde trovano posto i quattro evangelisti: un uomo per San Matteo, un leone per San Marco, un bue per San Luca ed un'aquila per San Giovanni. Nel rombo rosso vi sono quattro arcangeli. Con il passare del tempo la struttura del disegno dell'icona è divenuta via via più ricca, fino a mostrare Mose e il roveto ardente.

"Quando volgo lo sguardo alla Vergine Madre di Dio e tento di abbozzare un semplice pensiero su di lei, fin dall’inizio mi sembra di udire una voce che mi viene da Dio e che mi grida all’orecchio: Non accostarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove tu stai è terra santa!… Avvicinarsi a lei è come avvicinarsi a una terra santa e raggiungere il cielo." (Severo, patriarca di Antiochia, in una omelia)

"Tu sei il roveto visto da Mosè in mezzo alle fiamme e che non si consumava, il quale è il Figlio del Signore. Egli venne e abitò nelle tue viscere e il fuoco della sua divinità non consumò la tua carne. Prega per noi, o Santa!" (Severo, patriarca di Antiochia, preghiera)

"Ciò che era prefigurato nella fiamma e nel roveto fu apertamente manifestato nel mistero della Vergine. Come sul monte il roveto ardeva ma non si consumava, così la Vergine partorì la luce ma non si corruppe. Né ti sembri sconveniente la similitudine del roveto, che prefigura il corpo della vergine, la quale ha partorito Dio." (Gregorio di Nissa, in un’omelia)

"Come il roveto, che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre di Dio: noi ti lodiamo, tu prega per noi." (3ª Antifona dei II Vespri del 1 Gennaio, solennità della Madre di Dio)


Roveto Ardente - Iconografia Classica Ortodossa  














































































Io sarò con Te

 
Dal Libro dell'Esodo 3,1 Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. 2 L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. 3 Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». 4 Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». 5 Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». 6 E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.
7 Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. 8 Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo. 9 Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. 10 Ora va'! Io ti mando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». 11 Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?». 12 Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte».

Chi sono Io?
Ricevere una vocazione è ricevere una identità, lasciare che Dio ti dica chi sei tu.

Chi sono Io? "Io sarò con Te"
Secondo la Bibbia, l’Uomo è un Dio che ti dice “Io sarò con TE”, non c’è definizione fissa, ma la definizione dell’uomo e della sua identità sta in un Dialogo con Dio, in una relazione!

L’identità dell’uomo è relazione con Dio
con un Dio che ti promette fedeltà, Io sarò con Te

Non possiamo da soli rispondere alla domanda “Chi sono Io?” possiamo scoprire noi stessi solo dialogando con Dio, entrando in relazione con Lui.

martedì 29 marzo 2011

Una ricchezza da sottrarre alle leggi del mercato

di GAETANO VALLINI
"Facile come bere un bicchiere d'acqua" si dice a volte. Ma questo detto popolare non dev'essere familiare ai quasi novecento milioni di uomini, donne e bambini che nel mondo non hanno acqua potabile, e agli oltre due miliardi e mezzo di persone - circa la metà della popolazione dei Paesi in via di sviluppo - che vivono in condizioni igienico-sanitarie insufficienti a causa della carenza di risorse idriche. Eppure mancano appena quattro anni al 2015, data che negli Obiettivi di sviluppo del millennio la comunità internazionale si era prefissata per ridurre il numero di persone senza accesso sostenibile all'acqua, e alla sanità di base. Così ogni anno un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni muoiono per malattie legate alla carenza di risorse idriche. Inoltre, stando alle previsioni, dal cinque al venticinque per cento degli usi globali di acqua dolce probabilmente supererà nel lungo termine le forniture disponibili e entro il 2015 circa la metà della popolazione mondiale sarà chiamata ad affrontare una crisi legata alla mancanza d'acqua.

La Giornata mondiale dell'acqua che si celebra il 22 marzo dal 1992 è l'occasione per fare il punto sulla situazione, anche in forza della risoluzione approvata lo scorso luglio dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite la quale ha sancito che l'accesso all'acqua è un diritto umano fondamentale. Più precisamente il testo "dichiara che l'accesso a un'acqua potabile pulita e di qualità, e a installazioni sanitarie di base, è un diritto dell'uomo, indispensabile per il godimento pieno del diritto alla vita".

La comunità internazionale ha in sostanza riconosciuto, dopo più di 15 anni di dibattiti, ciò che era naturalmente evidente. Ma si sa, nelle faccende politiche ed economiche la sola evidenza non ha valore. Come è altrettanto noto che il riconoscimento di un diritto serve a tutelare i più deboli, perché i forti si tutelano da soli. E così, anche se la risoluzione non ha carattere vincolante, l'inserimento di questo nuovo punto nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo è sicuramente un passo importante per affrontare una questione sempre più urgente tra aumento dell'uso, sprechi, cambiamenti climatici, disparità nella distribuzione e nell'accesso.

Il problema riguarderà in particolare i grandi centri abitati, e non a caso quest'anno il tema scelto per la giornata è "Acqua per le città: rispondere alle sfide della crescita urbana". Oggi un abitante su due vive in un contesto urbano e le città crescono a ritmi vertiginosi. Il 93 per cento dei processi di urbanizzazione avviene nei Paesi in via di sviluppo. La crescita urbana mondiale è rappresentata per lo più dall'espansione di quartieri poveri che procede a velocità straordinaria: si ritiene che entro il 2020 la loro popolazione aumenterà con una media di 27 milioni di persone all'anno a livello mondiale.

Fermo restando che bisogna porre un freno all'uso irresponsabile delle risorse, il punto cruciale è quello della gestione. In tale senso, il secondo Forum mondiale dell'acqua, ha sollecitato "un profondo cambiamento se si vuole raggiungere un consumo sostenibile nel prossimo futuro". E allo stesso tempo, si aggiunge, "è essenziale dare potere (e responsabilità) alla gente a livello locale per gestire le risorse idriche" e quindi "una "democratizzazione" della gestione dell'acqua".

Negli ultimi decenni, visto il tasso di crescita della popolazione, il servizio idrico ha incontrato difficoltà per la cronica mancanza di investimenti e interventi di manutenzione degli impianti. Ciò ha fatto sì che un numero sempre crescente di Paesi abbia affidato la gestione del servizio a società private. Il risultato è che il finanziamento degli investimenti decisi contrattualmente fra governi e gestori ha portato generalmente consistenti aumenti delle tariffe. Aumenti che hanno determinato in diversi Paesi poveri una forte conflittualità fra Stato, aziende private e società civile, a dimostrazione di come nessun diritto fondamentale riesca ad affermarsi senza conflitto sociale. Non solo. Gli esperti delle Nazioni Unite continuano a ritenere che, se le cose non cambieranno, con il passare del tempo sempre più conflitti verranno combattuti per l'acqua. E saranno guerre tra poveri, come la storia insegna.

Se è vero che spesso per i poveri non è tanto la scarsità d'acqua in sé a portare sofferenza, ma l'impossibilità economica di accedervi, allora esiste, come ha ricordato il 24 febbraio il vescovo Mario Toso, segretario Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, intervenendo alla conferenza internazionale di Greenaccord a Roma, "un serio problema di indirizzo etico", perché, ha aggiunto rilanciando le parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa, l'acqua - diritto universale e inalienabile - è un bene troppo prezioso per obbedire solo alle ragioni del mercato e per essere gestita con un criterio esclusivamente economico e privatistico. Il suo valore di scambio o prezzo non può essere fissato secondo le comuni regole della domanda e dell'offerta, ovvero secondo la logica del profitto. Che è però quanto in più parti del mondo accade o si rischia in caso di privatizzazione, fino a giungere al paradosso che vede i poveri pagare molto più dei ricchi per quello che dovrebbe essere un diritto naturale.

La via maestra è quella indicata da Benedetto XVI nel messaggio in occasione dell'Esposizione internazionale su "Acqua e sviluppo sostenibile" svoltasi a Saragozza (Spagna) nel luglio del 2008: l'uso dell'acqua "deve essere razionale e solidale, frutto di un'equilibrata sinergia fra il settore pubblico e quello privato". Ed è ciò che oggi la società civile chiede anche in alcuni Paesi occidentali, come l'Italia, dove presto si voterà un referendum che chiede di evitare di intraprendere la strada verso la privatizzazione dell'acqua. Un referendum che ha visto impegnate anche alcune realtà ecclesiali nel comitato promotore, segno dell'attenzione del mondo cattolico verso un tema delicato e cruciale.

Si tratta di un'attenzione peraltro quasi insita nel dna dei credenti. Il perché lo ha spiegato proprio il Papa nel citato messaggio: "Il fatto che oggigiorno si consideri l'acqua come prun bene eminentemente materiale, non deve far dimenticare - sottolinea infatti Benedetto XVI - i significati religiosi che l'umanità credente, e soprattutto il cristianesimo, ha sviluppato a partire da essa, dandole un grande valore come un prezioso bene immateriale, che arricchisce sempre la vita dell'uomo su questa terra. Come non ricordare in questa circostanza il suggestivo messaggio che ci giunge dalle Sacre Scritture, dove si tratta l'acqua come simbolo di purificazione? Il pieno recupero di questa dimensione spirituale è garanzia e presupposto per un'adeguata impostazione dei problemi etici, politici ed economici che condizionano la complessa gestione dell'acqua da parte di tanti soggetti interessati, nell'ambito sia nazionale sia internazionale".

I credenti sono dunque chiamati a contribuire a trovare una soluzione ai problemi legati alla gestione delle risorse idriche. A partire dalle campagne di sensibilizzazione. Come "Seven weeks for water: water, conflict and just peace" avviata per la quaresima dalla Rete ecumenica per l'acqua, un'organizzazione di rappresentanza di varie comunità cristiane e di ong, coordinata dal Consiglio ecumenico delle Chiese. Ma sono anche sollecitati a lavorare sul terreno. Ed è ciò che avviene in molte missioni e nei centri attivati da organizzazioni di volontariato, per affrontare emergenze concrete nelle situazioni più critiche del pianeta. In quei luoghi abbandonati - in attesa di decisioni che rendano finalmente giustizia ai poveri ed effettivo un diritto - uomini e donne, religiosi e laici, operano accanto alle popolazioni locali per costruire pozzi e piccoli acquedotti. Perché sanno che lì anche un solo, preziosissimo bicchiere d'acqua in più può fare la differenza tra la vita e la morte.

Fonte: ©L'Osservatore Romano 21-22 marzo 2011

lunedì 28 marzo 2011

James Joyce

Ancora!
Vieni, dona, cedi la tua forza a me!
Da lungi una bassa parola àlita sul cervello scoppiante
la sua calma crudele, angoscia della sommissione,
addolcendo il suo terrore come ad anima predestinata.
Cessa, silenzioso amore! Mio fato!

[James Joyce, Poesie]

venerdì 25 marzo 2011

NO WAR

Ma in questa guerra allucinante

chi ha veramente torto e chi ha ragione?

E quale è il tasso delle nostre colpe

di esportatori di armi

in questa delirante barbarie

che si consuma sul popolo della Bosnia?

Sono troppo stanco per rispondere stasera.

Per ora mi lascio cullare da una incontenibile speranza:

le cose cambieranno, se i poveri lo vogliono.

don Tonino Bello

(dal Diario della marcia di Sarajevo, dicembre 1992)


L'Articolo 11 della Costituzione recita:

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

giovedì 24 marzo 2011

Obama sulla tomba di Romero

Óscar Arnulfo Romero y Galdámez
La foto che domani arriverà ai giornali entra nella storia delle Americhe: presidente degli Stati Uniti in preghiera sulla tomba del vescovo Romero assassinato (24 marzo, 31 anni fa) nel nome della “guerra al comunismo” ordinata da un altro presidente di Washington infastidito dalla Chiesa che difendeva i contadini abbandonati alle squadre della morte. Anni di Reagan, anni di Obama.

Romero è sepolto nei sotterranei della cattedrale di San Salvador, ultimo passaggio di Obama nel lungo viaggio in America Latina. 31 anni fa era la chiesa divorata da un incendio e la domenica angosciata dalle omelie del vescovo. Leggeva i nomi di ragazzi, intellettuali, sindacalisti portati via dagli stivali militari come nell’Argentina dei generali P2. Silenzio dei giornali, silenzio Tv. Romero non si rassegnava. Denunciava (nomi e cognomi) le alte uniformi responsabili dei delitti. Insomma, sovversivo rosso come i gesuiti e tanti religiosi finiti sottoterra nel nome della libertà del libero mercato.

Ogni altra comunità di fedeli non aveva mai sofferto questo tipo di persecuzioni dopo il nazismo. Solo il dolore per un sacerdote assassinato attorno a Varsavia, Chiesa ufficiale del silenzio, mentre la morte di quattordici religiosi e di migliaia di fedeli del Salvador svanivano nelle ombre del Vaticano di Giovanni Paolo II. Se i popoli latini considerano Romero “martire e santo”, i monsignori romani ne studiano con diffidenza la beatificazione subito concessa al povero prete polacco bastonato a morte dalle squadre che obbedivano a Mosca, la stessa obbedienza delle squadre che in Salvador si inchinavano ai 6 milioni di dollari spediti ogni giorno da Washington per “difendere il mondo cristiano”. Era il 1980, medioevo della ragione.

La Chiesa luterana e la Chiesa anglicana ricordano il martirio di Romero ogni 24 marzo. E nel suo nome il 24 marzo è consacrato dalle Nazioni Unite “giorno della difesa della verità”. Adesso l’incontro tra Obama e il vescovo, separati dalla morte ma uniti da una morale che apre la speranza alle generazioni Duemila. Uomini di pace dalla parte della dignità degli ultimi, con una differenza che i nostri giorni allargano. Romero ha giocato la vita per difendere il diritto alla normalità di sconosciuti senza censo. Con gli stessi ideali Obama schiaccia il bottone della guerra per salvare cittadini che pretendono la democrazia. Bombe buone di Obama; bombe cattive di Gheddafi. E il popolo condannato a sopportarne gli effetti collaterali non si accorge della diversità.

Da come l’ho conosciuto immagino che Romero non sarebbe d’accordo. Il primo incontro domenica 29 giugno 1978. Sembrava un prete di campagna. Scendeva dalla piccola automobile guidata da un seminarista e la tonaca si alzava scoprendo una caviglia pallida, calza ripiegata sulle scarpe dall’elastico strappato. Tenerezza e delusione: come può, così fragile, sfidare l’egoismo delle oligarchie proprietarie di giornali e Tv che ogni giorno lo massacrano di insulti ?

Poi le chiacchiere a San José della Montagna, seminario trasformato in accampamento per i profughi in fuga dalle campagne dove le truppe speciali (bombe al fosforo, berretti verdi ammaestrati da consiglieri Usa ) bruciavano la gente per fare il vuoto attorno alla guerriglia: “Uccidere per spaventare è un peccato insopportabile, insulto all’umanità, insulto a Dio”. E poi, e poi, fino all’ultimo saluto: “Perché i giornalisti tornano a casa ? Senza testimoni le luci si spengono, chissà cosa succederà”. Tre mesi dopo gli sparano sull’altare. L’assassino promosso capitano ormai vive negli Stati Uniti. “Irrintracciabile” dalle polizie di Bush padre, Bush figlio e Clinton presidente. Chissà se Obama lo troverà.
fonte:  ilfattoquotidiano.it

fonte: elpais.com