giovedì 23 giugno 2011

Tempo di scelte...

Viviamo un tempo particolarissimo in cui la frammentazione del sapere, la frantumazione dei valori, l’insicurezza istituzionale ed esistenziale determinano una seria difficoltà di operare scelte. Soprattutto i giovani, ai quali è stato rubato il futuro,non sentono e spesso non possono scegliere perché non hanno alternative (la condizione base per poter operare delle scelte e prendere le
necessarie decisioni). L’instabilità genera ansia per il futuro e rende il presente gramo e amaro.
Riconosciamo di esserci trovati a vivere in un mondo e in un’epoca di tipica decadenza.
A me questo mondo e quest’epoca affascinano.
Proprio perché è il tempo della crisi, proprio perché non abbiamo un forte passato prossimo che ci
sostiene e il futuro è ancora immerso nella notte mentre il presente ci sollecita a viverlo così com’è senza prospettive, tutto è nelle nostre mani, tutto dipende da noi e dalla capacità che abbiamo, come singoli ma soprattutto come gruppi, di ritornare a sognare, immaginare, progettare. Noi non sappiamo come sarà il futuro, ma dobbiamo sapere come vogliamo che sia.
Per troppo tempo ci siamo assuefatti, ci siamo lasciati sopraffare da un’ingiusta impotenza (noi piccoli cosa possiamo fare! Non possiamo illuderci di cambiare le cose! ecc.); abbiamo preferito rifugiarci nel nostro piccolo mondo assaporando quelle piccole semplici cose che ci danno un minimo di sicurezza; abbiamo mortificato il respiro universale del nostro cuore e tutto ciò che è fuori della porta di casa nostra ci è diventato nemico-ostile. E contemporaneamente siamo andati
alla ricerca di modelli effimeri, abbiamo accettato la logica del “mordi e fuggi”, del “anche un solo
attimo di notorietà-apparenza”. Forse da un po’ di tempo c’è qualcosa che si agita, una coscienza
nuova, uno sdegno che diventa sussulto di dignità, la riscoperta del valore di saper dire “no”.
E ci viene in aiuto il profeta Isaia. «Sentinella, quanto resta della notte; sentinella quanto resta della
notte», diventa il grido della nostra attesa, il grido dell’ansia del povero. Siamo nella notte, sappiamo che la notte passa, desideriamo vedere la luce.
L’ultima scena di Napoli milionaria vede la donna sconfitta e abbattuta, un gesto d’amore gratuito che viene proprio da chi è stato sfruttato, una parola densa di dolore e di speranza: «Ha da passà ’a nuttata». Eduardo De Filippo realizza questa grande opera drammatica in una Napoli distrutta dalla seconda guerra mondiale, appena “liberata”. Questa parola non è espressione di un atteggiamento di passiva rassegnazione, porta in sé una potente carica rivoluzionaria. È il grido della speranza che nasce proprio dalla disperazione.
È vero, siamo ancora nella notte.
È vero pure che molto dipende da noi e dalle nostre scelte; le nostre mani, che accettano di “sporcarsi”, affrettano il giorno.
Crisi è passaggio, svolta, discernimento.
È questo il tempo favorevole per mettere in atto quegli strumenti che ci sono stati donati attraverso la spiritualità ignaziana. È questo il tempo in cui noi, con grande umiltà ma con grande coscienza che ciò che ci è stato donato non è per noi ma perché noi possiamo socializzarlo, ci dobbiamo fare “compagni” dell’uomo perché insieme possiamo “costruire il giorno”.
Certamente per noi sarà un impegno faticoso e forse anche doloroso ma se portiamo dentro la vita e vogliamo che venga fuori, accetteremo anche il dolore.
Qualche anno fa, scrivevo:

E così lentamente si scioglie
il grumo di pensieri e di sangue
e di un parto che sarà doloroso
finalmente avverto le doglie.

Inaridirono tutte le voglie
anni di silenzio esangue
ed il cuore chiuso ed ombroso
una voce inattesa ora coglie.

Guardo il cielo d’agosto al tramonto
quando il giorno non è già più qui
e la notte a fatica s’avanza
come guerra pur vinta, già persa.


Portiamo nel cuore questa certezza e accettiamo di “sprecare la nostra vita”.

P. VINCENZO SIBILIO S.J.

Fonte: Editoriale della rivista Cristiani nel mondo • GENNAIO-FEBBRAIO 2011

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